Se parlando di se stesso si schermisce, non è avaro di complimenti quando si tratta di parlare dei compagni di squadra e di Antonio Conte: “La nostra è la difesa più forte del mondo, il reparto più omogeneo e più complementare che si possa trovare oggi nel panorama calcistico. I nostri difensori sono carismatici, hanno una mentalità trascinante per il resto del gruppo. Per quanto riguarda il mister non voglio passare per ruffiano, ma ci dà equilibrio e organizzazione e in campo pesa di più di un giocatore bravo nell’uno contro uno o che segna in rovesciata. E’ un vantaggio che abbiamo rispetto alle altre nazionali”.
Il lavoro paga sempre e non a caso l’Italia è una delle squadre che macinano più chilometri: “Qui stiamo raccogliendo i frutti della preparazione, nei secondi tempi corriamo sempre molto e manteniamo un livello alto di aggressività e resistenza. Non abbiamo forse individualità che rubano l’occhio, ma abbiamo doti che altre squadre blasonate non hanno: come la compattezza del gruppo e la qualità nei ricambi. Non avere inizialmente le luci puntate su di noi forse ci ha aiutato, ma abbiamo un po’ svelato le nostre carte e ora c’è più attenzione nei nostri confronti da parte delle altre squadre”.
Dopo essere partito nell’undici titolare contro Belgio e Svezia, mercoledì con l’Irlanda potrebbe accomodarsi in panchina: “E’ sbagliato dire che è una partita inutile – sottolinea – è importante chiudere il girone a nove punti ed è giusto che chi ha giocato meno finora possa togliersi le sue soddisfazioni. L’Irlanda è una squadra con forte tempra e carattere. All’Europeo del 2012 li abbiamo affrontati quando erano ultimi in classifica a zero punti, hanno dato il tutto per tutto e i tifosi hanno cantato per novanta minuti come fosse una finale. Non possiamo farci trovare impreparati e non vogliamo fare regali o brutte figure”.
Poco prima di partire per la Francia ha confessato di aver temuto di non essere inserito nella lista dei 23 convocati: “Ma che passeggiavo in campo lo scrivevate voi – dice rivolgendosi ai cronisti – con la Roma ho giocato anche ottime partite, ma mi sono stirato due volte e ho saltato tante partite per infortunio, altre perché la squadra aveva vinto senza di me e non era il caso di cambiare”.
Tra due giorni a Lille incontrerà uno degli idoli della sua infanzia, quel Roy Keane per cui ha scelto di indossare la maglia numero 16 e che oggi è il vice di Martin O’Neil sulla panchina dell’Irlanda: “E’ stato uno che ha fatto dell’intensità e dell’abnegazione una delle sue armi migliori, per questo può innamorarsi di una squadra come la nostra. Magari altri esteti preferiscono il gioco della Spagna. Nel calcio bisogna vincere per essere ricordati, se il Leicester avesse perso il titolo a due giornate dalla fine lo avremmo dimenticato velocemente”.